
Questo mio primo viaggio in Israele non poteva cominciare e concludersi meglio: la prima tappa è stata Gerusalemme, l’ultima Tel Aviv. Non so se sia stato frutto del caso o di un’organizzazione perfetta, ma è stato il modo giusto di vedere le cose e comprenderle. Ho capito perché Gerusalemme è la Città Santa. Un luogo dove la tradizione ebraica si mescola a quella musulmana e cristiana, una città che i giovani vivono come una metropoli, di fascino e bellezza potenti, intrisa di storia, e di sofferenza. Nella città vecchia, passando per il Santo Sepolcro, si arriva alla moschea di Al-Aqsa. La sua cupola d’oro riflette la luce calda del tramonto, catturata delle pietre antiche del vicino Muro del Pianto. Dove si può trovare al mondo qualcosa di simile?
Grazie allo spirito avventuroso di un collega, e alla curiosità mai appagata di chi fa il reporter, sono andato a notte inoltrata a vedere il Muro. Ho attraversato i quartieri arabi addormentati dopo una lunga giornata di lavoro nel coloratissimo mercato, Sono passato sotto archi e volte. Poi, girato l’angolo di una viuzza nel suq, mi sono trovato nella grande piazza antistante il Muro del Pianto, illuminata a giorno. Il luogo era pieno di vita, numerosi ebrei ortodossi, giovani, adulti e bambini, pregavano. Erano molti di più di quanti se ne vedono di giorno per via delle temperature troppo elevate e degli impegni. Un’esperienza emozionante quanto inattesa. Mi muovevo lentamente e con discrezione per non disturbare. Nessuno badava a me, il miglior modo di accogliermi, mentre scattavo le mie prime, vere fotografie di Israele. Con un solo rullino di pellicola in bianco e nero, messo in tasca prima di andare a cena…

Sono tornato altre due volte al Western Wall, di giorno, fotografando ancora. Lasciata Gerusalemme, ho visto il deserto di Negev, il Mar Morto, il deserto di Giuda, le rovine di Masada: la fortezza di Erode dove gli ultimi sopravvissuti si erano suicidati in massa nel 73 DC per non cadere prigionieri dei soldati romani che assediavano la cittadella. E ancora la Galilea, il rito collettivo del battesimo cristiano nelle acque del fiume Giordano, Haifa, l’antica Cesarea Marittima con le sue colonne di marmo levigato e la Porta dei Crociati. E finalmente Tel Aviv, la città vivace, giovane, efficiente, con i grattacieli di vetro, le bancarelle dove si vende ogni tipo di halva (dolce), i caffè affollati da ragazze e ragazzi fino a notte inoltrata, gli atélier di moda, le gallerie d’arte. L’incremento annuo delle abitazioni qui è quasi pari a quello di un’intera nazione. Case nuove e molte riconvertite, per non dover costruire troppo in una terra dove spazi e risorse sono preziosi e gestiti con oculatezza. Mi aspettavo una sorta di Francoforte o di Milano mediorientale. Ho visto, invece, una città contemporanea, dalle architetture interessanti anche se con i segni del tempo e della salsedine sulle facciate. Temperata dalla frescura che arriva dal mare la sera, Tel Aviv mi è sembrata più simile a Catania o a Marsiglia. Ma più ordinata, vivibile, sicura.
Spero che queste impressioni siano nelle fotografie che ho scattato. Non sono molte, qualcosa ho dovuto e voluto tralasciare. Sono convinto che troppi fotografano tutto quello che vedono, dovunque e con ogni mezzo. Consapevole dei miei limiti, cerco di fotografare solo ciò che comprendo. A voi giudicare se ci sono riuscito.