
L’ospitalità della gente nelle Dolomiti è universalmente nota. Tra le montagne, nei ristoranti, nei rifugi e negli alberghi, si respira quella sincera e vivace cordialità che rappresenta davvero il condimento più saporito di tutti i piatti, al di là di ogni retorica. E la cucina, da queste parti, racconta proprio il piacere dello stare insieme, della condivisione, attraverso gusti diretti, schietti, che riempiono la bocca e lo spirito.

Un menù in Alta Badia non può prescindere dai canederli, balas. I grossi gnocchi di pane raffermo, spesso arricchiti con latte e uova, si gustano in brodo o asciutti e sono un elemento essenziale del pasto. E poi, rigorosamente in lingua ladina, ci sono i cajinci t’ega o arstis, mezzelune di pasta ripiene di spinaci o ricotta cotte in acqua oppure fritte, la panicia, zuppa di orzo con patate, fagioli, carne di maiale affumicata. Fino ad arrivare al dessert, con i puncerli con semi di papavero e ripieni di marmellata o le fastose furtaies di pasta fritta. Nel nostro viaggio, abbiamo gustato la cucina ladina a Badia, al Maso Runch dove Enrico Nagler e la sua squadra portano avanti con passione il caratteristico e vibrante ristorante in uno storico edificio del 1700. E poi al gourmet bistrot Stüa dla Lâ, dove lo chef Andrea Irsara, custodendo la passione per la gastronomia acquisita da sua nonna, propone la tradizione senza rinunciare alla sperimentazione sulle tecniche e sui sapori.

Infine, i vini. L’Alto Adige è terra di grandi prodotti e in Alta Badia la scelta è vastissima, da blend con vitigni internazionali a emozionanti espressioni di vitigni autoctoni in purezza. Ben noti in zona sono Pinot grigio, Gewürztraminer, Chardonnay e Pinot bianco, con ottime interpretazioni di Sauvignon, Müller-Thurgau, Sylvaner, Kerner e Riesling. Tra i rossi, da assaggiare, senza il minimo indugio, il Lagrein e l’imperdibile Santa Maddalena, da uva Schiava Gentile.
