James Joyce amava Trieste, dove visse tra il 1904 e il 1920, e la città lo ricambia ogni anno partecipando il 16 giugno al giorno di festa istituito in suo onore, il Bloomsday, dal nome del protagonista dell’Ulisse, Leopold Bloom.
Il 16 giugno si celebra anche a Dublino, New York, Pola, Melbourne, Shanghai, Mosca, Parigi, Londra, Montreal, Sao Paulo, San Francisco e in centinaia di altri luoghi tra cui Genova, ma a Trieste, che lo scrittore irlandese considerava la sua “seconda patria”, acquista un significato speciale perché è qui che il romanzo venne concepito e iniziato.
Quest’anno è anche il centenario della pubblicazione del libro, uscito il 2 febbraio 1922 (giorno del quarantesimo compleanno di Joyce) e quindi il Bloomsday triestino non si è limitato a rievocare uno dei diciotto episodi dell’Ulisse, come nelle edizioni precedenti, ma ne ha proposto una messa in scena integrale nella data canonica e negli orari precisi in cui, per indicazione dall’autore, si svolgono le diverse azioni della vicenda.

Gli appuntamenti sono stati dalle 8 del mattino alle 2 di notte in diversi luoghi del centro storico. Il festival è proseguito con un fitto calendario fino a domenica 19.
Si è iniziato alle 8 all’Ex Faro La Lanterna, Molo Fratelli Bandiera, con i primi tre episodi, la cosiddetta Telemachia, perché dedicati a Stephen Dedalus che rappresenta il figlio di Ulisse, Telemaco. I partecipanti al Bloomsday hanno potuto assistere alla rappresentazione teatrale sulla terrazza panoramica della sede della Lega Navale, con colazione irlandese curata dall’esperta di gastronomia joyciana Martina Tommasi.
Dopo una serie di momenti tra recitazione, musica e danza, che hanno ripercorso la scansione degli episodi del romanzo, la conclusione è stata alle 2 di notte, al Museo Revoltella con il famoso monologo della fedifraga Penelope joyciana, rievocato dalle melodie del duo Babygelido, dalla voce di Diana Höbel e dall’improvvisazione pittorica di Cosimo Miorelli.