“Siamo convinti che la Pasqua sia stata una degli ultimi eventi vissuti a distanza, partecipando con il cuore e non fisicamente alle celebrazioni. Presto torneremo a incontrarci in presenza”. Questa è l’opinione sul futuro del turismo in Israele, supportata dai risultati della campagna vaccinale in atto. La conferma anche Kalanit Goren Perry, Direttrice dell’Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo, che in un’intervista per Neos ha fatto il punto della situazione, affiancata dalla responsabile dell’Ufficio Stampa, Mariagrazia Falcone.
Qualche giorno fa il Terra Sancta Museum, in collaborazione con la Custodia di Terra Santa e il Ministero del Turismo di Israele, ha organizzato un incontro con i corrispondenti stranieri dei principali quotidiani internazionali, presentando nuove sezioni del museo e ripercorrendo il sacro sentiero di Emmaus, che collega Emmaus Nicopolis con Abu Gosh. È stata una delle prime attività con la stampa internazionale dopo le restrizioni imposte dalla pandemia. Segno tangibile che Israele, che ha già visto importanti riaperture nella ristorazione, nell’ospitalità e nella cultura, si sta preparando al ritorno dei turisti.
“Stiamo tornando a vivere la nostra normalità – spiega la direttrice – anche con il turismo interno. Con il passaporto verde, che si riceve sul proprio cellulare dopo la seconda dose di vaccino, è possibile muoversi in piena libertà. In estate dovremmo aver completato tutto. Gli Israeliani stanno riscoprendo il proprio Paese, animando musei, alberghi, ristoranti, cinema e spettacoli: lo consideriamo una sorta di allenamento, per essere pronti a ospitare i turisti da tutto il mondo”.
A partire dal 23 maggio , Israele aprirà le porte ai turisti stranieri. “Nella prima fase i gruppi saranno ammessi in base alle linee guida che saranno pubblicate a breve dai Ministeri” dice il comunicato del 13 aprile. Tutti i visitatori dovranno sottoporsi a un test PCR prima di imbarcarsi su un volo per Israele e a un test sierologico all’arrivo all’aeroporto Ben Gurion.
Quello del turismo internazionale è un comparto che fino al 2020 ha rappresentato il 5% del Pil. Nel 2019, sono stati oltre 200mila gli Italiani che hanno visitato Israele e oltre 200mila gli Israeliani che sono venuti in Italia.
“Un perfetto scambio, un grande interesse reciproco, un rapporto profondo. Per noi il mercato italiano è sempre stato molto importante. E negli ultimi anni è parzialmente cambiata anche la modalità di fare turismo: se prima erano quasi esclusivamente pellegrinaggi, adesso si viene in Israele per l’archeologia, le attività outdoor, la cultura, la movida, l’enogastronomia. Ovviamente Gerusalemme, Tel Aviv e la Galilea restano mete straordinarie, offrono spiritualità, cultura ma anche enogastronomia. Tra pochi giorni inizieremo una campagna sui social per rafforzare il brand Gerusalemme e lo celebreremo anche ricordando il 750esimo anniversario della nascita di Dante: il sommo poeta non è mai venuto a Gerusalemme, ma l’ha visitata con la fantasia e con il cuore. Non potevamo non ricordarlo, con un’iniziativa molto interattiva”.
Un turismo che cambia. Il fascino del deserto diventa protagonista, per chi cerca l’avventura, ma anche per chi preferisce il lusso di prestigiosi hotel, per vivere l’esperienza del kibbutz, per fare escursioni in bicicletta o per chi desidera trascorrere la notte a guardare le stelle.
“E poi – conclude la direttrice – abbiamo un’enogastronomia straordinariamente contemporanea, con grandi influenze fusion e vegane. I nostri chef hanno sfruttato il lockdown per innovare e elaborare nuovi piatti. I prodotti israeliani, dai datteri al succo di melograno, dalle spezie ai vini, dal sesamo all’olio, continuano a ottenere consensi e a stuzzicare i palati. A questo punto, attendiamo il ritorno dei visitatori da tutto il mondo. Inizieremo dai gruppi per poi aprire al turismo individuale. Vi aspettiamo!”
Le foto sono di Mimmo Torrese
La foto della signora Kalanit Goren Perry è stata fornita dell’ente del turismo.