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Enoteca a Tel Aviv

Che il vino sia uno dei prodotti più antichi di Israele, non è una notizia. Le Sacre scritture abbondano di riferimenti alla vite, ai tralci, agli otri e a tutti i passaggi della vinificazione. Dai libri più antichi della Bibbia, il vino è sempre stato un simbolo di abbondanza e di benedizione. Anche nel Vangelo è citato spesso, dalle Nozze di Cana all’Ultima Cena. È difficile però oggi dire quali fossero i vitigni autoctoni di oltre duemila anni fa, coltivati, evidentemente con ottimi risultati, in tutta Israele.

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Israel Museum, Gerusalemme. Mosaico del VI sec. d.C. trovato in una chiesa del deserto del Negev, raffigurante un cammello che trasporta anfore di vino

La dominazione musulmana dei secoli successivi portò alla totale eliminazione della vite e, anche se oggi qualche ricercatore sta provando a ricostruire una fase della storia che sembrava scomparsa, non si è ancora visto niente di significativo. Intanto, da qualche anno Israele ha ricominciato a impiantare vigneti, iniziando dalle zone più fertili e tradizionalmente vocate, come la Galilea, ma anche in Samaria e sui Monti della Giudea. La scelta, per ora, ha privilegiato i vitigni internazionali, che, al sole del Medio Oriente e con processi produttivi innovativi, assumono comunque caratteristiche speciali. Per i bianchi, è diffusissimo lo Chardonnay, per i rossi il Merlot, il Cabernet e lo Syrah. I risultati sono incoraggianti, con profumi intensi e maturi e sentori caldi e avvolgenti in quasi tutte le tipologie.

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Il dottor Aaron Fait illustra il grande progetto per la produzione del vino nelle terre aride, nel centro di ricerche di Sde Boqer, nel deserto del Negev

Se si guarda al futuro, la nuova frontiera della coltivazione della vite, e probabilmente anche dell’agricoltura in generale, è rappresentata dal deserto. La tecnologia d’ irrigazione in Israele da anni ha raggiunto un livello altissimo. Nel deserto del Negev il professor Aaron Fait, con i suoi collaboratori, sta conducendo una serie di importanti ricerche. Lavora per gli istituti Blaustein di studi sul deserto (Università di Ben-Gurion) e porta avanti il progetto Irrigate per far crescere le viti nel deserto. Con un corretto utilizzo dell’acqua che evita ogni spreco e basandosi su una perfetta conoscenza delle piante. Il clima arido diventa così persino favorevole per le viti, che non rischiano in alcun modo di essere intaccate da muffe o funghi: l’uva produce un vino molto particolare, che in qualche modo richiama un’antica tradizione. Gli scavi archeologici confermano che in queste stesse terre, migliaia di anni fa, i Nabatei producevano vino. E non solo per il consumo, anche per il commercio.

 

 

 

 

 

 

Danilo Poggio

Danilo Poggio

Collabora con fitta frequenza per le pagine sociali, economiche e culturali del quotidiano nazionale Avvenire ed è membro del Comitato scientifico del Master in Comunicazioni sociali della Facoltà teologica dell'Italia Settentrionale, sede di Torino. Nell'ambito dei viaggi, è conduttore di una trasmissione televisiva e collabora con mensili cartacei di enogastronomia a diffusione nazionale, dopo aver vinto alcuni riconoscimenti di giornalismo del settore. E' membro dell'Organizzazione nazionale assaggiatori di vino (Onav) e partecipa alle commissioni di degustazione in occasione di concorsi enologici. In Piemonte è coordinatore a Torino dell'informazione per Grp televisione (storica emittente televisiva piemontese) e per tre settimanali piemontesi.
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