Una valle scavata dall’unico corso d’acqua superficiale del Carso triestino, il torrente Rosandra-Glinščica, che custodisce un ecosistema con caratteristiche uniche. A pochi chilometri da Trieste, a San Dorligo della Valle, al confine con la Slovenia, la Val Rosandra è una meta a portata di mano per escursionisti rocciatori, speleologi, studiosi. E per tutti quelli che hanno voglia di una passeggiata rilassante nel verde.
Una riserva naturale che si estende anche oltre confine, attraversata da una serie d’ itinerari da percorrere alla scoperta di cascate, punti panoramici, antiche chiesette, pareti di roccia famose per le 520 vie attrezzate che attirano numerosi rocciatori da tutto il mondo, perché fruibili anche d’inverno.
E dove si possono incontrare greggi di capre selvatiche, ma anche caprioli, camosci, cervi, lepri, scoiattoli, ghiri, volpi, ricci, mustioli, linci ed ermellini.
Da qui, come testimoniano i resti di un acquedotto romano del II secolo a. C., si prendeva l’acqua per la città, ma il torrente e i suoi affluenti vennero a lungo sfruttati anche per l’attività dei mulini. Se ne contavano 32, rimasti attivi fino agli Anni ’70. Oggi di quattro si possono vedere i ruderi nella zona di Bottazzo-Botač, uno sotto Draga e di altri quattro prima dell’abitato di Bagnoli Superiore-Gornji Konec.

Salendo un po’ si trova ciò che resta del Castello di Moccò. Nel Medioevo controllava la via del sale che dal mare veniva portato in Carniola. Oggi resta una vista meravigliosa sulla valle e sul golfo di Trieste.
Il castello di San Servolo, in territorio sloveno, a Socerb, fu per secoli una delle tappe dei pellegrini sulla via di Gerusalemme: molte incisioni rupestri, lungo i sentieri ne tramandano il ricordo. Poco lontano si trova la grotta di San Servolo, unica chiesa sotterranea di tutta la Slovenia. Secondo la leggenda nel III secolo sarebbe servita da rifugio al giovanetto cristiano dodicenne Servulus, che dopo ventun mesi di eremitaggio ritornò in città dotato di poteri miracolosi di guarigione ed esorcismo.