Elena Sisti

Elena Sisti, è la fondatrice e titolare di Elesta Travel (www.elestatravel.it), una realtà tutta al femminile focalizzata su arte e turismo culturale in Italia. Francesca Piana l’ha intervistata.

Quando e come nasce Elesta Travel?

Nasce nel 2014 da un’intuizione. Con Beatrice Costa avevo scritto il libro Le donne reggono il mondo. Intuizioni femminili per cambiare l’economia (2009). In Italia sono soprattutto le donne a occuparsi di promozione della cultura, di associazionismo. Da un’analisi di mercato ho verificato che esisteva un segmento poco coperto , quello di chi “vende” cultura dal punto di vista turistico. Abbiamo così deciso di aprire Elesta Travel. Si è unita a noi Elisabetta Gavazzi, che ha curato la direzione artistica: una squadra di donne con professionalità e storie diverse ma la comune volontà di far conoscere l’Italia nei suoi aspetti più straordinari e sconosciuti.

Che impatto ha avuto la pandemia sul vostro lavoro?

Devastante. Lavoravamo quasi unicamente sull’incoming, ora è cresciuto il numero di turisti italiani. Abbiamo tenuto in piedi solo le visite guidate, scarsissime perché non si è potuto fare molto.

Come vede il futuro del turismo?

Due scenari: per l’estate una ripresa lenta, condizionata da modi di fare turismo un po’ diversi. S’ intuiva che ci si sarebbe spostati verso destinazioni meno note, la pandemia ha accelerato il processo. Nel lungo periodo prevedo un ritorno a una sorta di normalità, com’era prima del Covid-19. Faremo di tutto perché non accada. Vivo dentro di me una scissione: democraticamente è giusto che tutti possano viaggiare, ma esiste la necessità per il pianeta di rallentare questa smania di vedere tutto subito. Spero che chi come noi vuole un turismo diverso abbia la forza di resistere.

Può essere un ritorno al passato oppure si devono cambiare la comunicazione, le destinazioni, i target di riferimento?

Si devono cambiare comunicazione e target di riferimento. L’Italia deve essere un Paese che “vende” valore aggiunto, non solo luoghi. Ha molto di più da proporre di prima dell’emergenza sanitaria. Riusciremo a farlo come sistema-paese? Prima vedevo resistenze per mantenere lo status quo, perché “vendere” Venezia, Roma e Firenze è facile. Ora noto sensibilità diverse, quindi spero che questi spazi siano stati conquistati per sempre. Noi italiani sottovalutiamo il valore della cultura.

Siete specializzate sull’Italia e sull’arte. Spieghi brevemente la vostra filosofia.

Nei nostri viaggi seguiamo dei temi. Un viaggio è studiato con un esperto di un tema specifico e questo ci consente di selezionare luoghi e persone specializzate su un’ attività. Gli esperti sono storici dell’arte, architetti, designer, creativi. Il viaggio diventa un’esplorazione di sé stessi in relazione alla propria passione. Consente l’incontro: coinvolgiamo oltre alla guida, l’artista o l’esperto come “Tratto-punto”, un network specializzato in itinerari di turismo industriale. Valorizziamo il nesso tra quello che era il passato e quello che è il presente.

Qual è il vostro target e come si caratterizzano le vostre proposte di viaggio?

Abbiamo molti clienti americani, austriaci, asiatici, scuole internazionali d’arte, per itinerari e corsi. Gli studenti di una scuola d’arte di Hong Kong vengono da anni per un corso di mosaico a Ravenna e un itinerario sul tema fino a Roma . Nostro cliente è la New York School of Visual Art. Sono persone con una discreta disponibilità economica, ma non vendiamo viaggi di lusso. Quello che fa salire i prezzi sono gli hotel. Noi puntiamo sulla cultura e la scelta delle guide. La parte culturale è relativamente poco costosa: una guida per un giorno costa come una notte in un hotel, quindi non scegliamo un 5 stelle lusso, ma una casa di charme. Se mi chiedono il 5 stelle, glielo prenoto, ma non lo propongo. Se so che c’è un fotografo della Scuola di Cinema di Milano che ha fatto uno studio sull’effetto di Caravaggio, gli chiedo se può tenere un workshop , che costa meno di una notte in albergo.

La pandemia influenza le aspettative dei viaggiatori. Come fare in modo che l’Italia sia percepita oggi come un luogo sicuro?

La preoccupazione delle persone sono le cancellazioni, con relativa maggiore richiesta di flessibilità. Mi ritornano le richieste che avevamo. I nostri sono clienti individuali o gruppi di 5-6, massimo 8 persone. Hanno ricominciato a prenotare gli stranieri, per esempio gli americani ai quali proponiamo un tour archeologico in Sardegna, poco conosciuta da quel punto di vista. Dall’estero mi chiedono la percentuale dei vaccinati in Italia e dei vaccinati nel gruppo, oltre a informazioni sull’adesione ai protocolli internazionali dell’OMS. Per l’incoming non conta tanto il passaporto vaccinale, ma sarà decisivo il raggiungimento di una percentuale di 80% di popolazione vaccinata.

Va ridotto l’impatto del turismo sul pianeta e dell’overtourism nelle città d’arte italiane e anche nei borghi. Cosa fare in Italia per ridurre i flussi di turisti tutelando l’ambiente e gli abitanti?

Spostarli. Ci sono poche strade di flusso turistico nelle città. Penso a Milano con strade affollatissime come uniche percorribili. Basterebbe la segnaletica per distribuire meglio i flussi e mettere dei limiti. Ma è giusto impedire, a chiunque voglia, di vedere Venezia? Non è una risposta semplice, ma si deve consentire a Venezia di sopravvivere. Quindi, attirare solo chi è interessato: vieni a Venezia, ma rimani un minimo di tre giorni. In Italia basterebbe spalmare il turismo, che è concentratissimo sia per le stagioni sia per i luoghi, deviando il turismo dalle località più prese d’assalto. Il lago di Como per tre mesi è sommerso, poi non c’è più nessuno perché gli alberghi chiudono avendo guadagnato abbastanza. Un albergatore dovrebbe fare lo sforzo di destagionalizzare. Il problema è combinare gli interessi privati e pubblici.

Come sono percepite le nostre competenze all’estero?

Sto presentando un viaggio sul vino per un’americana e ho un enologo bravissimo, ma lei mi ha detto che fare scegliere le cantine dal suo wine educator, magari una trentenne che ha fatto un corso di tre mesi e non sa niente rispetto al “mio” enologo. C’è diffidenza sulla competenza italiana. Dobbiamo cominciare a darci dei titoli, certe qualifiche stanno diventando di moda, come l’operatore esperienziale del turismo. Le “mie” guide sono laureate in storia dell’arte e sono più preparate dei loro esperti, ma gli stranieri, gli anglosassoni in particolare, le chiamano tourist guides con disprezzo.

F.P.

Francesca Piana

Francesca Piana

Viaggiatrice per professione e per passione, specializzata in reportage di viaggio con sguardo a 360 sul territorio e particolare attenzione per l’arte, l’architettura, l’archeologia, l’antropologia, i percorsi creativi per i bambini e i paesi di cui parla la lingua (inglese, francese, spagnolo, tedesco e comprensione portoghese). Ha lavorato due anni in Messico e scritto libri di viaggio e guide turistiche per le principali case editrici del settore. Collabora con Style Piccoli, Intimità, Ecoturismonline.net, Fratturascomposta.it, saltuariamente con Style e Io Donna web e Neos In Flight Magazine. Il suo blog di approfondimento culturale riguarda viaggi e arte blogfrancescapiana.it