Qualche giorno fa sono tornato sulla mia isola preferita per completare un lavoro fotografico avviato da tempo. Ho realizzato alcuni scatti che faranno parte di una mia mostra dedicata a Procida, allestita sotto l’egida della Neos, al Festival del Viaggio di Biella a fine marzo.
Amo Procida fin da bambino, quando i miei genitori mi portarono a visitare la riserva naturale sull’isolotto di Vivara. Ci sono tornato negli anni dell’università, quando i sentieri del cuore mi hanno condotto a esplorare l’isola lentamente, poco a poco. E poi non ho mai smesso di andarci.
Stavolta ho trovato mare grosso, vento gelido e pioggia. Il traghetto si è staccato dal porto di Napoli mentre la neve iniziava a imbiancare il Vesuvio e le altre montagne che coronano il golfo.
L’isola, soprattutto gli isolani, sono stati accoglienti, come sempre. Ho incontrato molte persone e realizzato dei ritratti che andranno a completare la mostra. Ho raccolto storie di mare al Circolo capitani di lungo corso e Comandanti di macchina. E ho visitato il glorioso Istituto nautico Francesco Caracciolo e Giovanni da Procida, che quest’anno compie 190 anni. Fondato da Ferdinando II di Borbone nel 1833, da allora ha formato generazioni di capitani di lungo corso, comandanti di macchina e marittimi che hanno solcato le acque di tutto il mondo. Una tradizione che ha contribuito a forgiare il carattere dei procidani e delineare i contorni culturali dell’isola.
È forse anche grazie a un carattere così peculiare che questa piccola isola, che rifugge il glamour ed è da sempre ai margini delle rotte turistiche, nel 2022 è stata dichiarata Capitale italiana della Cultura, rivelando la meraviglia che si annida nell’Italia che chiamiamo minore.