Abbiamo chiesto a Daniele Bosi, ideatore delle guide d’Autore, direttore editoriale di Polaris www.polariseditore.it, la sua visione di una ripartenza del turismo colto, informato e curioso. Bosi ha spostato la sua attenzione all’editoria creando nel 1989 questa casa editrice dedicata ai paesi del mondo, con opere scritte da autori italiani per viaggiatori italiani.
Come immagini il futuro del turismo? Come un ritorno al passato oppure si devono cambiare la comunicazione, le destinazioni, i target di riferimento?
Non penso che il mondo del turismo potrà essere lo stesso che abbiamo conosciuto negli ultimi tre decenni. Prima di tutto la crisi economica che ha colpito una fascia consistente di popolazione ridurrà la platea dei viaggiatori. A questo si aggiunga un senso di insicurezza psicologica che né i vaccini, né le nuove cure mediche potranno in breve tempo eliminare. Questo secondo fattore sarà l’ostacolo più difficile da superare per riconquistare la piena libertà di viaggiare fino a quando il virus non sarà definitivamente sconfitto. La comunicazione dovrà combattere soprattutto contro questa incertezza, informando con dati certi ed evitando sensazionalismi.
A parte questi aspetti contingenti, il concetto di turismo aveva già iniziato, prima del Covid, una fase di mutamento che vedrà un’accelerazione al termine della pandemia. Nuove formule, catalogate con una terminologia in continuo divenire (turismo esperienziale, turismo accessibile, turismo verde, turismo LGBTQI+, turismo enogastronomico, ecc.), sostituiranno il vecchio turismo di massa che resterà confinato al turismo balneare o a residui viaggi di gruppo.
Dai tempi difficili si esce con nuove energie e nuove idee. Più fantasia o più praticità?
Entrambe. La praticità è una condizione essenziale per superare un momento di crisi, ma la fantasia è quel qualcosa in più che ti consente di essere un passo avanti e di colpire anche il lettore più distratto o meno interessato. Soprattutto quando riesci a entrare in sintonia con la sua fantasia.
In che dimensione si sono ridotte le vendite delle vostre pubblicazioni? La vostra distribuzione si appoggia a librerie che hanno chiuso o gli operatori stanno riprogrammando la loro attività?
I nostri canali di vendita sono due: le librerie e i Tour Operator che offrono la guida al loro cliente. La distribuzione libraria quest’anno ha subito un pesante ridimensionamento, circa il 60%, non dovuto però a chiusure di librerie, quanto al calo di acquisti da parte dei lettori. Cosa comprensibile dato che non potendo viaggiare, l’acquisto delle guide sarebbe stato del tutto inutile. Ben più grave il calo delle vendite ai Tour Operator che si è praticamente azzerato.
In che modo pensi di affrontare la destinazione Italia? Con migliore sensibilità per le mete interne?
L’Italia è sempre stata un argomento che abbiamo preferito trattare solo in modo marginale. Veramente difficile occuparsi del proprio paese a livelli qualitativamente alti ed è impegnativo porsi in concorrenza con editori che trattano questo argomento con un’esperienza che deriva spesso da oltre un secolo di attività. La situazione attuale ci ha obbligati a rivedere i nostri propositi e la programmazione ha mantenuto la nostra filosofia aziendale: guide turistiche e narrativa di viaggio. Per le prime abbiamo deciso di privilegiare destinazioni a nostro avviso meno sensibili al dilagare della pandemia ravvisando negli arcipelaghi italiani le mete ideali. Sono uscite le guide delle Isole Pontine, delle Isole Tremiti e dell’Arcipelago Toscano. Di prossima uscita: le Isole Eolie, Pantelleria e le Isole Pelagie, Ustica e le isole del Golfo di Napoli. Per la narrativa ci siamo occupati di destinazioni italiane meno note, di itinerari letterari e di itinerari gastronomici legati ai concerti di musica leggera delle etichette indipendenti.
C’è chi propone un passaporto turistico. Lo ritieni indispensabile? Sia in base alla salute sia in base alla sostenibilità ambientale?
Il passaporto turistico dovrà essere un documento indispensabile del viaggiatore contemporaneo. È l’unico strumento che consentirà di tenere sotto controllo la lotta alla pandemia, garantendo facilità nei tracciamenti una volta che sarà passata la fase acuta. Lo vedo solo come strumento di prevenzione sanitaria. Non mi pare che la sostenibilità ambientale abbia ancora dei parametri tali da poter essere gestiti in tal modo.
Avete sempre avuto un modo “didattico” ed educativo nel contatto e nella gestione del vostro lettore e viaggiatore. Come pensate di rafforzare questa vostra “arte del viaggio culturale”?
Credo che la cosa importante sia non tradire mai questa impronta che ci caratterizza e che ci ha dato visibilità e notorietà. Per il momento l’unico rafforzamento di questa cultura del viaggio sarà rappresentato dalla ripresa delle pubblicazioni della collana “La biblioteca di Lawrence” ferma al primo volume “Viaggio in Siria” di Gertrude Bell. È prevista l’uscita in autunno dell’inedito in Italia “Passaggio a Nord Est” di Roald Amundsen e in primavera di “Viaggio nei regni del Siam, Laos e Cambogia” di Henri Mouhot. Perché riteniamo che la cultura del viaggiatore moderno non possa prescindere dalle esperienze dei grandi viaggiatori del passato.
È opinione comune che non è al passato che ci dobbiamo riferire, ma ad un nuovo approccio comunicativo nel rafforzamento del viaggio culturale. Come si può nutrire la curiosità, l’immaginazione e la creatività attraverso una comunicazione più aderente a questi tempi difficili?
Il viaggio, quello che esce dalle nostre pagine, deve tendere essenzialmente alla scoperta. Nulla a che fare con le esplorazioni. Anche il mondo rurale di un piccolo borgo del nostro Appennino può costituire un’esperienza indimenticabile per il viaggiatore curioso e in cerca delle sfaccettature delle società umane. Con ciò non denigriamo la vacanza mordi e fuggi, tutt’altro. Purtroppo per molti il tempo a disposizione è poco, il trasferimento alla destinazione stabilita è quanto più veloce possibile. L’importante è cogliere nel luogo che si è scelto come meta tutte le atmosfere di un mondo che non ci appartiene. Per citare Proust: “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”. L’importante è dare a chi ci legge gli strumenti per entrare nella nuova dimensione e per comprenderla al di là degli stereotipi preconfezionati che, purtroppo, riempiono i cataloghi dei Tour Operator e, anche, certi articoli su riviste patinate.
Le geografie e i paesi oscurati sono sempre più numerosi. Il pianeta da esplorare si restringe per le guerre e per la domanda di sicurezza. Ora c’è anche più coscienza per il cambiamento climatico. Sono diventate necessarie nuove strategie, una differenziata attenzione ai target e all’idee di sostenibilità. Quali sono le vostre visioni per il futuro, per i giovani e per gli obiettivi sanciti dall’Agenda 2030 dell’UNESCO?
È una sfida enorme tanto più nel momento attuale in cui la sopravvivenza degli operatori turistici non è garantita dal normale svolgimento delle loro attività. E dobbiamo essere consapevoli che il turismo è uno dei maggiori fattori di modifiche dell’ambiente e di emissioni nocive in atmosfera: migliaia di voli aerei ogni giorno, trasformazione di aree vergini per la realizzazione di resort e case-vacanza, moltiplicazione degli allevamenti intensivi per garantire gli approvvigionamenti alimentari a centinaia di milioni di persone che si servono nei self-service dei villaggi turistici o delle navi da crociera.
Così dicendo ho toccato solo alcuni dei 17 obbiettivi dell’Agenda 2030 e ritengo del tutto improbabile che si possa vagheggiare un mondo del turismo che ci consenta di raggiungere una qualsiasi destinazione che rispetti tutte le decisioni prese nel 2015 dai paesi membri dell’ONU. Non si possono porre obbiettivi irrealizzabili nel breve spazio di un quindicennio e condizionare con essi le attività turistiche che rappresentano fette importanti del PIL proprio di quei paesi che più faticheranno a raggiungere gli obbiettivi di Agenda 2030. Se così ci comportassimo, dovremmo cancellare dai nostri programmi tutta l’Africa, buona parte dell’Asia e del Sud America e anche Nord America ed Europa non ne sarebbero certo immuni.
Credo che la vera svolta possa essere nella corretta informazione e nella creazione di una cultura del viaggio grazie alle quali il turista sia consapevole di quale destinazione stia raggiungendo e di quali sono le realtà e le verità, di cui probabilmente non vedrà tracce, che caratterizzano quella destinazione.
Gianni Perotti