
Ci sono tanti tipi di castelli: medioevali, rinascimentali, ottocenteschi…oltre ai castelli delle fate, dei fantasmi, per non parlare di quelli di carte, di sabbia, mentre fanno parte della stessa categoria persino i castelli in aria.
Ebbene a Guédelon, in una foresta della Borgogna, sta prendendo forma giorno dopo giorno, una tipologia di fortificazione del tutto nuova: si tratta del “castello in costruzione” ovvero una struttura identica a una fortezza del Duecento, realizzata attenendosi strettamente ai metodi, ai materiali e agli strumenti dell’epoca. Per la precisione, a Guédelon l’anno corrente è il 1228 e siamo quindi ai tempi del regno di Luigi IX, il futuro San Luigi.
Non stupisce che un’opera simile stia procedendo con una certa lentezza: era il 1998, quando Michel Guyot, che possedeva un castello nelle vicinanze, pose la prima pietra di quello che sembrava un progetto un po’ folle. Eppure, costituita un’associazione ad hoc, anno dopo anno mura e torri hanno cominciato a prendere forma e con esse sono arrivati i turisti, le scuole… e i primi finanziamenti pubblici.

Oggi Guédelon è uno dei luoghi più frequentati della Borgogna e i visitatori, paganti, superano i 300.000 all’anno. Per il pubblico il luogo ha un interesse che si colloca tra il ludico e il pedagogico: offre la rara opportunità di varcare una porta aperta sul Medio Evo, mentre permette una sperimentazione scientifica sull’evoluzione della tecnologia. Quello di Guédelon è, insomma, un esempio di archeologia sperimentale, una disciplina che fa riscoprire le particolarità e le metodologie delle tecniche antiche.

Rispetto ai ritmi di lavoro a cui siamo abituati tutto il processo appare lento, faticoso, difficile. Osservando gli uomini all’opera, coperti di panni di lana grezza, sembra che si muovano in un mondo vicino a quello di Robinson Crusoe, dove si parte da zero, bisogna re-inventare tutto e poi costruirlo con le proprie mani. Ben poco viene dal mondo esterno: per il legname delle travi e delle impalcature c’è il bosco, le pietre per le pareti e per le mura sono estratte dalla cava, per l’argilla si scavano i fossati, mentre gli utensili in ferro vengono dall’officina del fabbro. Le pietre sono sgrossate e poi sagomate a mano, usando scalpelli e cunei; la calce per i muri è ricavata sul posto, mentre per le tegole, sagomate con l’argilla, è allestito un forno. Le gru per portare in alto i materiali sono qui basate sul principio delle “ruote di sollevamento”, mosse da calcanti. Si tratta di ruote alte quattro o cinque metri, azionate dalla forza di un uomo che cammina al loro interno, spostando progressivamente il suo peso mano a mano che avanza. Il tutto ci ricorda le ruote che osserviamo nelle gabbie dei criceti.

Anche il contesto in cui si muovono gli operai è strettamente d’epoca: per i lavori si utilizzano le razze di cavalli del Medioevo; sono, sorprendentemente, animali di taglia modesta, alti 130 centimetri al garrese. Naturalmente, gli orti fuori dalle mura sono riservati alle verdure del tempo e quindi niente pomodori e tanto meno patate.
Ormai la cinta muraria e il palazzo del signore sono in gran parte completati, mentre restano da terminare i piani alti delle torri. Si prevede che i lavori avranno termine intorno al 2025 ed è allora che la “fabbrica” dovrà essere reinventata: quando le ultime pietre saranno al loro posto, Guédelon rischierà di apparire un castello come tanti altri.