
Questa è la storia di un gruppo di persone testarde che ha un sogno: un progetto da realizzare che sposi la crescita economica e culturale dell’Oltrepò Pavese con la risorsa ambiente, in un paese, l’Italia, dove le politiche ambientali sono diventate le meno strategiche e sperperate.

Siamo nell’Oltrepò Pavese, 60 chilometri da Milano, uno spicchio di Lombardia ancora coperta di boschi intervallati da estesi vigneti che ne fanno una delle zone vinicole più famose, per i suoi vigneti di Pinot nero, Riesling, Croatina e il Buttafuoco storico riconosciuto e apprezzato a livello mondiale, che danno rossi, bianchi fermi e frizzanti nonché spumanti.

I protagonisti di questo progetto, la Cooperativa Eliante e la Fondazione Lombardia per l’Ambiente, sostenute da Fondazione Cariplo, hanno lanciato la sfida chiedendo la collaborazione delle aziende vinicole (finora hanno aderito in 15 ma il numero è destinato a crescere) e della popolazione locale, per fare convivere in equilibrio la produzione vinicola, prima risorsa di questa luogo, con la biodiversità che contraddistingue quest’area verde pavese, assediata, a pochi chilometri, nella Pianura Padana, da antropizzazione eccessiva e pesantemente urbanizzata.

Un’iniziativa coraggiosa in questo periodo di crisi che sta interessando tutti i settori dell’economia italiana, ma è proprio ora che i settori meno strategici, come l’ambiente, stanno subendo tagli tali da compromettere i tanti e innumerevoli progetti. È qui che, grazie ai tanti che operano con passione ed entusiasmo, stanno dimostrando che anche con le poche risorse di cui dispongono si può valorizzare il territorio in maniera sostenibile, non solo tutelando le inestimabili ricchezze naturali e paesaggistiche ma anche le attività tradizionali e l’economia locale.

I dati sono inconfutabili e dimostrano che uno dei pochi settori in espansione sono quelli dell’ecoturismo al pari di quelle culturali. Insomma ben vengano iniziative e progetti come Oltrepò Biodiverso, per divulgare e far circolare il messaggio che, proteggere il territorio rappresenta una ricchezza, una via obbligata per gestire in maniera razionale le risorse naturali e quelle agricole, a beneficio nostro e dei nostri figli, questo senza dover “fossilizzare” lo sviluppo dello stesso.

E sono proprio i viticoltori i destinatari di questo progetto pilota per la gestione dei vigneti, e per la rete ecologica che integra le esigenze economiche con quelle ambientali, perché aderire al protocollo vuol dire mantenere il più possibile intatto il mosaico di ambienti che permette la sopravvivenza di 94 specie di uccelli o alle 122 specie di farfalle, ormai quasi del tutto scomparse in vaste aree d’Italia, un numero eccezionale per i naturalisti e appassionati, circa il 50% di tutte quelle che vivono in Italia.

Oltre che per la loro bellezza le farfalle costituiscono una sorta di cartina di tornasole per capire lo stato di salute di un territorio se è sano o intaccato fortemente da pesticidi e veleni. Ma hanno bisogno di “isole” dove poter trovare le erbe necessarie al compimento del loro sviluppo vitale (prati, boscaglie e sfalci alternati delle vigne). E per questo serviranno interventi concreti per avere effetti significativi, per poter risentire in gran numero il canto di rigogoli, capinere o cinciallegre, e molte aziende vitivinicole si stanno convincendo che solo dall’incontro di questi due mondi potrà dare risultati concreti e duraturi e valorizzare anche i loro prodotti in termini di qualità.

Nel vasto orizzonte ondulato dell’Oltrepò Pavese, con i paesi arroccati come nidi d’aquila, dove s’incontrano volti e gesti sereni di un mondo semplice, c’è un sentiero dedicato proprio alle farfalle, lassù nel parco del castello di Verde, che permette a chiunque ne abbia voglia, di camminare e conoscere le varie specie di lepidotteri, un tesoro della natura che non sappiamo apprezzare.

Fin dai tempi remoti sono il simbolo della fragilità, del tempo breve, effimero, ma nonostante i pesticidi e veleni le farfalle con la loro eleganza ricompaiono puntuali nella bella stagione da aprile a settembre, ad allietare le campagne, qui in Oltrepò più che in altri luoghi. Queste piccole creature alate (in Italia vivono 289 specie, record europeo) impollinano i fiori, aiutando le piante a riprodursi e l’uomo ad assicurarsi un buon raccolto, altre tessono preziosi fili di seta.

Incontro Francesco Gatti, guida naturalistica, che mi accompagnerà lungo il sentiero delle farfalle, nato per coniugare la valorizzazione ambientale ad aspetti di fruizione scientifica, attrazione per numerosi “butterflywatching” perché qui in questo parco di Valverde, a 750 metri di quota eco mosaico di grande interesse anche paesaggistico, sono state censite 60 specie, più di quelle presenti in tutta la Gran Bretagna. E custodisce anche una chicca che solo i più curiosi potranno vedere: la Maculinea arion ligurica, una farfallina rara e in pericolo di estinzione che vive quassù grazie alla presenza di un’erba vitale per il suo sviluppo; l’origano selvatico, ma non solo, perché per compiere tutto il suo ciclo vitale ha anche bisogno della presenza di formiche.

È un piacere ascoltare le storie da Francesco, che mi spiega la funzione delle ali delle farfalle, che “parlano”: i loro colori servono a spaventare i nemici, a mimetizzarsi o a farsi belli per attirare la partner. E uno dei disegni più ricorrenti sulle loro ali è il cosiddetto “falso occhio”, una vera e propria beffa cromatica, che disorienta i predatori tanto basta per sfuggire. Ma nella maggior parte dei casi “il colore fa rima con amore” e le femmine rincorrono i maschi con le livree più sgargianti…vecchia storia.

Mai come da qualche decennio la natura e gli ambienti vitali delle farfalle hanno subito danni così massicci, dal cieco consumo della chimica in agricoltura altamente produttiva ma insieme nociva. E pensare che hanno resistito a tutto nei milioni di anni, hanno tenuto duro contro catastrofi naturali, hanno annientato animali ben più grandi di loro, adattandosi di volta in volta. Ma nulla possono contro gli ultimi concimi chimici che forzano lo sviluppo delle piante, ma tendono a diminuire le loro resistenze naturali ai parassiti, obbligando i contadini a impiegare dosi crescenti di pesticidi e diserbanti micidiali. Col paradosso che le piante coltivate crescono rigogliose artificiosamente, ma la terra che le sostiene va lentamente in agonia, avvelenata di fatto, eliminando le piante di cui si nutrono i bruchi delle farfalle.

Mi fa rabbrividire il pensiero di vedere nei prossimi anni un prato fiorito completamente privo di farfalle. Questi gioielli della natura che si posavano sulla schiena dei dinosauri, stanno ora scomparendo in silenzio, e alle generazioni future chissà se sarà data ancora la possibilità di meravigliarsi alla vista di una farfalla che volteggia su un prato.

Ma l’impegno di tante persone, dei viticoltori pavesi coinvolti nel progetto Oltrepò Biodiverso mi rendono più sereno e ottimista. Intanto stasera qualcuno a Montalto Pavese ha organizzato un’uscita notturna per vedere le lucciole, approfitto prima di scendere in pianura dove l’afa domani mi riaccoglierà.